mercoledì 3 luglio 2013

Snowden ed i social network

Qualche tempo fa ho partecipato al concorso per una borsa di studio relativa ad un master in giornalismo, un premio interessante, ma al quale non potevo partecipare causa copertura di solo il 50% del costo del master svolto tra l'altro a Roma.
Tuttavia nell'articolo per le selezioni segnalavo i social network come veri e propri sistemi per raccogliere informazioni per fini spionistici.
Articolo pubblicato il 29 maggio 2013, a metà giugno 2013 Snowden un ex tecnico della CIA, consulente informatico per la NSA scandalizzava il mondo rivelando proprio il programma Prism delle agenzie di intelligence americane che per varie vie raccoglievano informazioni attraverso intercettazioni, exploit e gli immensi archivi di social network (La risposta di Zuckemberg su Prism) e motori di ricerca.
Benchè Zuckemberg abbia smentito la partecipazione di Facebook al programma, un leaks pubblicato dal Washington Post non lascia dubbi sulle intenzioni di sfruttare l'archivio del social network e di molti altri Big del web per fini di spionaggio/intelligence.
Faccio notare la forte differenza esistente fra network e network: siti come Google è risaputo collezionino informazioni dall'attività della task bar del motore di ricerca e dall'attività degli spider, ma non associando un nominativo alle informazioni cercate; siti come facebook hanno l'intento di collezionare informazioni associando un identificativo sicuro (nell'articolo la spiegazione più completa).
Google risulta estremamente efficace ed invasivo per qualsiasi informazione pubblicata nel web; Facebook e social network come LinkedIN, che colleziona informazioni sulle figure professionali e sulla loro attività lavorativa associando nomi e cognomi certificati dagli amici, è sicuramente pericoloso.

Ovviamente, o sfortunatamente, non ho il dono della preveggenza e nemmeno conoscevo l'affare Snowden prima della sua esplosione sulla stampa mondiale.
In realtà l'idea dei social network quali mezzi per fini di spionaggio è un'idea che da anni imperversa nel lato oscuro di internet, quello degli hacker.
Lato oscuro di internet, perchè vivono nell'ombra, appaiono e scompaiono in un attimo, senza nessun richiamo ai Sith della filmografia di Guerre Stellari.
Già in passato libri come "The Dark Side of the Google", in Creative Commons, criticavano Google per la sistematica raccolta delle informazioni di navigazione ed l'uso negativo che se ne poteva fare, oltre alla semplice individuazione di parole chiave e vendita di dati statistici per fini pubblicitari.
Di recente la battaglia per l'anonimato della rete è stata raccolta dal gruppo degli Anonymous, un misto di troll di 4chan, cultori del film V per Vendetta e in seguito hacker unitisi al gruppo a seguito delle battaglie contro Scientology (informazioni tutte ben documentate nel documentario "We are the Legion").
Benchè non ne faccia parte e non abbia minimamente intenzione di perderci tempo per entrarci, è noto a tutti come gli Anonymous a cavallo del 2010 si siano ritagliati il ruolo di anti-social network, favorevoli all'anonimato libero nella rete.


In questo scenario risulta estremamente facile intuire che i servizi di intelligence trovassero appetibili gli immensi database costituiti da questi Big del web, superando quelle difficoltà che avevano minato i risultati dei programmi di "data mining" di metà anni '90 (viene da citare il famoso e discusso programma di SOCOM e della DIA nell'analisi dei dati di alcune possibili organizzazioni terroristiche), specie laddove nel contratto di iscrizione si fa esplicito riferimento alla vendita delle informazioni raccolte a soggetti terzi, senza preavvertimento al diretto interessato.


Tutto questo può portare ad un'altra considerazione di notevole interesse: non tutti si affacciano nel mondo del web con la medesima attitudine. Ciò crea un minestrone in cui si mescolano diversi intenti e diverse aspettative, non senza problemi relativi.
Aziende e servizi di intelligence tendono a prendere molto seriamente l'attività e le informazioni diffuse nel web, specie laddove utenti incauti per svago o abbassando le difese, si lasciano andare in dialoghi o altro tipo di comunicazioni.
Al contrario la maggior parte delle persone comuni affronta il web per svago, luogo ove trovare informazioni o valvola di sfogo dalla propria vita.
Al momento non sembra esistere un filtro che separi gli uni dagli altri.

5 commenti:

  1. Si è vero, ottimo il parallelismo Social Network/Google per quanto comunque va secondo me sottolineato che le info ai "Social" le forniamo noi inconsciamente.
    Google invece magari non ha IP associato a nome/cognome, almeno apparentemente.
    Ricordiamoci Gmail(si dice addirittura che neanche nelle caselle elettroniche sia rispettata la privacy, figuriamoci usando il loro motore di ricerca).
    Ok non tutti hanno Gmail (anche se lo stanno associando un po' a tutto, tipo Youtube ma son solo).
    Cioè se Google vuole è in grado di tracciare tutto.
    Faccio un esempio: così non fosse...Adsense non esisterebbe (sarebbe troppo facile frodare con click fittizi).
    Purtroppo è difficile quantizzare quali e quante informazioni Google raccoglie.

    Anche per questo sono nate le reti libere: Tor, Freenet, I2P, Osiris, etc

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  2. Il problema è che tutto ricade sotto la legge USA, solo perchè Google riconosce quella legge, benchè magari faccia attività in Italia, il blogger sia italiano, si rivolga ad italiani, parti di eventi o luoghi italiani, la sede fiscale sia in Irlanda e il server hoster di Google in chissà quale paese sperduto del mondo (per risparmiare in manodopera e costi elettricità).
    Per esempio la legge USA riconosce che dopo 6 mesi le email siano da considerare archiviate, e quindi consultabili con semplice richiesta da parte delle agenzie di sicurezza (CIA, FBI, NSA, ...) anche senza un mandato di un giudice (per cui servono delle prove di reato commesso). Insomma, già è difficile ottenere qualcosa nel proprio paese natale...figuriamoci in un paese del quale non siamo cittadini elettori.

    Basterebbero anche solo queste considerazioni per incentivare di più società ITA, piuttosto che le solite multinazionali americane.

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    1. Si, rimane solo il problema che in Italia in ambito tecnologico è molto più difficile emergere...vale anche per le app ad esempio.
      Molto più facile che diventi una "moda" un app con sede negli USA o in Inghilterra, rispetto ad una italica.
      Faccio l'esempio delle app ma il tutto si può estendere anche ad altri campi.

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  3. Il problema credo sia che nei primi 10 anni del 2000 è stato facilmente accessibile a tutti la possibilità di creare qualcosa di utile, per esempio è italiano l'autore del codec .mp3 che ha avuto una rilevante importanza per anni, ed ancora ne avrà ancora.
    Ora invece molte delle prospettive con maggiore impiego richiedono notevole lavoro, investimenti e agganci con società gi grosse.... pensa alla creazione di un algoritmo che elimini le bufale dalla serp o alle applicazioni con realtà virtuale e visori.
    Per queste servono investimenti, e gli investimenti gli edge fund li prendono da tutto il mondo e li scaricano unicamente nella silicon valley. Lì in effetti c'è un vero e prorpio boom di tutta l'economia, mentre in un certo senso il resto del mondo si sta impoverendo perchè non c'è più nessuno che investa nei lavori tradizionali.

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    1. Esatto sono d'accordo: al giorno d'oggi, generalmente, per "innovare" servono finanziamenti o comunque disponibilità economica.

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